"Paul Verhoeven aveva molti autorevoli precedenti quando ha deciso di girare 'L'uomo senza ombra', ma non se ne è preoccupato: in fondo questa favola rientra nella sua poetica allucinata, capace di giovare con il corpo umano, correndo sul filo della tensione paurosa ('Robocop', 'Atto di forza') o del brivido erotico ('Basic Instict'). (...) Alla fine del sentiero sarà sempre la paura il sentimento dominante, la morte la stazione più probabile. Come coloro che tornano dalla tomba, o i fantasmi sepolti nell'incendio dell'Opera, anche gli uomini che hanno perso il loro corpo possono incattivirsi e impazzire, simboli dolenti di una solitudine e di una diversità esasperata". (Claudio Carabba, 'Carnet', settembre 2000)
Tra i grandi miti della letteratura e del cinema "fantastico", il mito dell'uomo invisibile si colloca più dalla parte del mostro di Frankenstein che da quella del vampiro: rientra, cioè, in un immaginario a base non metafisica ma scientifica, che ha per oggetto la scienza con relativi pericoli e perversioni. Al cinema ha avuto meno fortuna di altri miti, e per ovvie ragioni (non è facile fotografare l'invisibile), però nel 1933 ha dato origine ha un piccolo capolavoro diretto da James Whale. Ultimo rampollo della dinastia, il protagonista dell'Uomo senza ombra di Paul Verhoeven è Sebastian Caine (Kevin Bacon), giovane scienziato di genio che dirige un progetto di ricerca sull'invisibilità finanziato dal Pentagono. Dopo il successo di una serie di prove ai danni innocenti scimmie, Caine decide di sperimentare il siero sulla propria pelle; come finisce per fare ogni mad doctor che si rispetti, dal dottor Jeckyll all'uomo-mosca. "Ti credi Dio e vuoi sfidare la natura, ma verrai punito" lo prende in giro un membro della sua équipe, facendo la parodia di un tema forte del genere "fantastico": quello dello scienziato contagiato da sindrome di onnipotenza al punto di prendersi per il Creatore. Una volta smaterializzato, Sebastian, che era già arrogante e antipatico sotto specie visibile, diventa un mostro: scappa nottetempo dal laboratorio, aggredisce le ragazze e massacra chi pensa voglia ostacolarlo, a cominciare dai suoi capi e collaboratori. In proposito Verhoeven e lo sceneggiatore, Andrew Marlowe, citano la Repubblica di Platone: meglio non possedere l'invisibilità, che ci spingerebbe a sfogare i nostri istinti repressi. Assai più che i problemi etica della scienza, però, a Verhoeven interessa l'efficacia spettacolare. Le esigenze dell'azione prevalgono largamente sui possibili aspetti problematici o psicologici; tanto che le sequenze (l'aggressione dell'uomo invisibile alla vicina, la lotta nella piscina e tutta la parte finale) sono chiaramente scelte in funzione del potenziale spettacolare; talvolta, anche a prezzo di qualche debolezza di sceneggiatura. Nell'epilogo full-action, chi di scienza ferisce di scienza perisce. Caine è innamorato della collega Linda McKay (Elizabeth Shue), che lo ha lasciato e ora fa coppia con un altro membro del gruppo: sarà proprio la bella dottoressa a sconfiggere il mostro, unendo cognizioni scientifiche, coraggio e capacità di menare le mani, nella linea delle eroine cinematografiche da Alien a Terminator (la serie di James Cameron è evocata ripetutamente del film di Verhoeven: apparente immortalità del mostro, effetto morphing eccetera). Solitamente attore di secondi ruoli, Kevin Bacon sarà stato contento di sentirsi offrire la parte del protagonista. Ma c'era il trucco, come nei patti col Diavolo: dopo mezz'ora il povero Kevin perde definitivamente il corpo, sostituito da un intero repertorio di effetti speciali. E abbandona il campo a Elizabeth, che maneggia fiamme ossidriche, scansa ascensori infuocati e si appende a cavi nel vuoto come da uno scienziato, salvo Indiana Jones, non ci aspetteremmo. L'uomo invisibile non è un fantasy destinato al pubblico infantile. Almeno per due ragioni: le impressionanti sequenze di scarnificazione da una parte, dall'altra la sessualizzazione del soggetto dell'invisibilità, finora trattato in modi più allusivi ed eufemistici. La cosa non può meravigliare i fan di Verhoeven, nella cui filmografia i titoli di genere fantastico (Robocop, Atto di forza, Starship Troopers) sono alternati con altri circondati, a suo tempo, da un alone di scandalo come Basic Instinct o Showgirls. (Roberto Nepoti, Rivista del Cinematografo on line, 13 ottobre 2000)
"Sotto i nostri occhi il corpo di Bacon si dissolve, si scioglie e scompare. E' solo una delle meraviglie del film. Il regista discontinuo del sulfureo 'Basic Instinct' e del tremendo 'Showgirls' stavolta se la cava con professionalità decorosa e spettacolare. E con nudi per nulla invisibili". (Piera Detassis, 'Panorama', 24 agosto 2000)