Anno: 1995
Colore: A colori
Durata: 122
Titolo originale: Sabrina
Formato: Wide screen
Produzione: Scott rudin, sydney pollack per constellation entertainment, mirage enterprises, mont blanc entertainment gmbh, paramount pictures, sandollar productions, scott rudin productions, worldwide
Distribuzione: Uip (1996) - cic video
Origine: Stati uniti
Tratto da: Basato sulla commedia di samuel a. taylor e sulla sceneggiatura del film "Sabrina" scritta da billy wilder, samuel a. taylor, ernest lehman
"E quando il gelido Linus ('l'unico donatore di cuore vivente al mondo') comincia a corteggiare Sabrina, che essendo tornata da Parigi trasformata in una donna stupenda fa traballare le imminenti nozze d'affari di David, anche Pollack si ricorda di essere il regista di 'Tootsie' e la commedia improvvisamente decolla. I caratteri di contorno si animano; fioriscono battute e situazioni buffe; Harrison Ford, che fin lì sembrava fuori parte, sfodera un fascino e una malinconia insospettati (perché naturalmente anche Linus ha un cuore). Mentre Julia Ormond, smessi gli occhialini e le spalle rigide della ragazza imbranata, si conferma la presenza più magnetica di questi anni. Sorriso asimmetrico, occhi intelligenti, un viso perfetto e irregolare insieme, la sua bellezza schietta, radiosa, inconsueta, pulita, è forse la prima ragione della riuscita del film. O almeno la ragione per cui a Pollack si finisce col perdonare tutto, o quasi: la piattezza della prima parte, l'interclassismo all'acqua di rose, una leggerezza che qua e là sa di rinuncia a graffiare." (Fabio Ferzetti, Il Messaggero, 3/3/96)
"Pollack cambia il protagonista, promuovendo la star maschile Harrison Ford; tanto che il film, anziché 'Sabrina', potrebbe benissimo intitolarsi 'Linus'. Non è che non ci siano dialoghi divertenti (in parte ripresi dalla prima versione), o momenti di buona commedia sofisticata. Però la storia - forse la parafrasi cinematografica più riuscita della fiaba di Cenerentola - col tempo ha perduto tutta l'aura di anticonformismo che aveva allora. L'amore che supera le barriere sociali? Ai tempi l'amore tra il riccone e la figlia del domestico faceva vacillare le convenzioni; oggi basta sfogliare i giornali per trovarli pieni di principesse e rock-star che sposano la guardia del corpo. Eppoi, Billy Wilder si era messo al servizio di una fiaba senza perdere la sua caustica visione del mondo: dietro la facciata amabile, traspariva la critica di una classe che fonda i rapporti sul denaro, e sul cinismo. Tutta roba di cui la versione di Pollack non si dà pensiero. Ma tolto anche quel valore aggiunto, resta solo una commedia sentimentale come tante altre." (Roberto Nepoti, La Repubblica, 13/3/96)
"Pollack sa troppo bene che la favola di Cenerentola oggi è stata abbandonata perfino dalla stampa del cuore. Ci vogliono, per farla digerire, ingredienti forti, irrimediabilmente volgari. E altri, che davano originalità al prototipo, vengono sacrificati per un male inteso senso dell'ammodernamento. Prendi, per esempio, il personaggio di Oliver Larrabee, che era il padre di Bogart e William Holden nel film di Billy Wilder. Togliere di mezzo il delizioso capitalista in pensione, che fumava sigari dentro l'armadio, e anelando di bersi un Martini, si portava dietro un vasetto di olive (ma al momento opportuno l'oliva non voleva saperne di abbandonare il suo involucro), equivale a rompere una costola a Sabrina. La quale Sabrina, bravura dell'attrice che la impersona a parte, nell'edizione 1996 è soltanto un abito ben tagliato ma, direi, fuori moda. Quasi avesse accettato un lavoro che non lo convinceva del tutto, Pollack concede alla sua eroina unicamente la propria professionalità. Un allestimento da vetrina che reca, nel mezzo, un oggetto di artigianato confezionato all'uso antico, un film-involucro. Tutto in ordine. Ma gli accessori, anche se scelti con diligenza e buon gusto, non fanno stile." (Francesco Bolzoni, Avvenire, 6/3/96)
"42 anni di soap opera non sono passati invano e la sceneggiatura oggi cade in tranelli sentimental-kitsch, anche se Sydney Pollack, da ottimo regista, gioca qualche deliziosa battuta chic, incastra uno spot dell'acqua minerale, tratta la fiaba da fiaba, allentando troppo i tempi (non a caso cita l'Halcion). Non ha la felicità cinematografica, la grazia circolare del film di Wilder, la miglior variazione su Cenerentola. Le toilettes materne, sono pazzesche (per reclami rivolgersi ad Ann Roth), le luci suadenti anni 50 sono del nostro Rotunno e le musiche sintonizzate sul cheek to cheek, portano la firma di John Williams, trombettiere di Spielberg. In partecipazione straordinaria, con evidenti scopi ricattatori, La vie en rose: ma scommettiamo che le fanciulle in fiore cadranno ancora in trappola? (Maurizio Porro, Corriere della Sera, 2/3/96)